E cosi', visto che faceva caldo, freddo, sete o non lo so, ci siamo fermati a fumare una cinquantina di sigarette invece di fare quello che tanto non ci fregava quasi niente di fare.
Adesso... forse e' vero che se non fossimo stati in campagna non avremmo affrontato quei discorsi. O che se fossimo stati un un centro commerciale avremmo parlato d'altro. Ma io non ci credo. Perche' io parlo d'altro quasi mai. Al limite sto zitto.
Dunque, parlando parlando fumando fumando non lavorando non lavorando, abbiamo tratteggiato l'apologia di reato che e' lo staccarsi da qualsiasi morale e condursi per cieli stellati oltre i confini della terra rossa, oltre i confini dei colori e oltre le bandiere i cui stendardi si macchiano dei peggiori crimini e dei migliori dolori. Insomma: abbiamo steso un progetto senza capo ne' coda e ci siamo raccolti a cerchio sopra una sola parola. Abbiamo definito improprio il termine “ora d'aria” e abbiamo rivalutato l'orgoglio, perche' da qualche parte bisogna prenderla la spinta. Abbiamo favoleggiato di possibilita' marchiane e di altre piu' plausibili somiglianze, e poi ci siamo accorti che qualsiasi cosa avessimo detto, per noi, alla faccia del freddo, sarebbe stata sempre estate. E che i ponti non sono cosi' scomodi come dicono e che in fondo basta un dito per levare all'orso tutto il braccio, anche fino sopra al gomito.
S'e' prospettato, immediatamente come possibile, un arcano dal passato. Una montagna, una valle, quattro case e l'orto. Nessuna strada. E s'e' ammirata con parsimonia e fierezza la forza che deriva dal poter “fare senza”. In fondo quello che vale e' la vicinanza. E la tendenza. Tante vite in una sola. Non dico tutte, ma il maggior numero che si possa.
Del resto come dimenticare che i Sioux avevano quattro virtu' di cui andare fieri, quando a noi restano solamente le macchine e i figli su cui far crescere il muschio delle frustrazioni?
E' quindi deridendo gli ortopedici e i loro parametri di buona salute che abbiamo mirato sopra ai defunti lividi nei centri commerciali, e sulle segretarie che al quarto passo scodinzolano prima di stramazzare.
Abbiamo derubricato le impossibilita' che ci fanno diversi da chi viaggia smolecolarizzato, e ci siamo detti che non siamo, no, il nostro corpo. Certo che non lo siamo.
E abbiamo concluso con l'evidenza dei fatti, ammirandoci un po' ridendo seduti sopra i sassi, che
solo gli anarchici sono belli, o insomma... solamente i ribelli. Quelli, nel cupo menefreghismo, s'inquietano e traggono dal limite estremo ogni stilla di sangue quando pioggia diviene e li innaffia. Aspettano chi freme, fremono e non temono nessuna minaccia. Scaraventano ogni peso e sbeffeggiano i deliranti osceni giochi. Selvaggi, a loro bastano sassi lisci, terra e foglie. E incorruttibili sono, perche' non si stendono su nessun tempo immemore, sopra nessun futuro, dato che ci si ribella nell'istante di non sopportazione, e mai per un paradiso promesso, per un sogno negato o per una scala di basalto che qualcuno da sotto ti ha levato. E incorruttibili rimangono, da sempre e per sempre, perche' annullano il tempo e il divenire urlando se stessi a squarcia gola sopra al mondo, e il mondo li osserva trema e poi vibra con un clamore armonico.
Ci si ribella in un tempo immobile, e' stata la conclusione. E si resta fermi nello spazio per sempre. E se anche durasse solo il battito di ciglia quel momento irripetibile, a pochi sarebbe stato concesso di incarnare cosi' tanta meraviglia.
al_terzo_doppio_whisky